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munaciello

  • Immagine del redattore: appleshampoo
    appleshampoo
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 2 min

In Vico del Fico al Purgatorio, uno di quei vicoli stretti dove Napoli si piega su se stessa per proteggere i suoi segreti, c’era un palazzo antico. Mura scrostate, panni stesi come bandiere di un regno che non esisteva più, lucine sempre accese, cornicelli appesi ovunque, cose così, folkloristiche. Ma dentro quel palazzo, quello col balcone in ferro battuto arrugginito da sempre, c'era qualcosa che nessuno osava nominare, ma che tutti sentivano: in quell’antico stabile ci abitava ‘o Munaciello. Lo vedevano sfrecciare tra le ombre, sentivano i passi sulle scale quando non c’era nessuno, sparivano oggetti per poi riapparire, mesi dopo, esattamente dove erano stati lasciati. Ma a Napoli queste cose non spaventano, si rispettano. E così aveva fatto anche lei, la signora Concetta, che viveva lì da settant’anni, e diceva sempre: «La casa mia è vecchia, ma è onesta. La casa nasconde, sì, ma non ruba. Le cose che spariscono tornano quando devono tornare.»

Una sera, nella casa di Concetta, scomparve un anello d’oro: unico ricordo di suo marito, morto sotto i bombardamenti. Più che per il valore, Concetta pianse per l’anima che quell’anello conteneva. Frugò ovunque, chiamò la nipote, accusò i muratori che avevano fatto dei lavori. Ma niente. Passarono mesi, poi anni. Concetta invecchiava, i nipoti crescevano, il tempo le mangiava la memoria. Una mattina d’inverno, con il vento che portava odore di mare e caffè bruciato, la nipote di Concetta trovò l’anello: pulito, lucente, come nuovo.

Concetta lo prese tra le dita, lo baciò, e sussurrò solo:

«Ve l’avevo detto io: la casa nasconde, ma non ruba.»

E giù dal vicolo, tra la pioggia, qualcuno rise. Ma solo chi conosce bene Napoli capiva che non era il vento.

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