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land's end to john o'groats

  • Immagine del redattore: appleshampoo
    appleshampoo
  • 21 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

“Land’s end to John O’Groats”. Questo recitava il cartello cigolante di fronte a Leo. Non aveva mai capito perché lo avessero piazzato lì, spaccando a metà il panorama. Che senso aveva, poi, indicare la distanza con Londra, Edimburgo e New York? Insomma, poteva capire la freccia che puntava a nord ovest per indicare le Orcadi, che erano proprio lì di fronte, ma a chi importava di Londra di fronte all’infinito? 

Leo infilò le mani in tasca e scrollò le spalle. Guardò dietro di sé e sentì un nodo alla gola. Per tutta la sua adolescenza non aveva fatto altro che progettare la sua fuga, e ora che il momento di andarsene era arrivato aveva paura. Il vento salmastro gli scompigliava i capelli mentre fissava l’orizzonte, lì dove il mare del nord si fondeva con l’oceano atlantico sotto a un cielo carico di nubi. L’aria odorava di alghe e sale, un profumo che aveva assorbito fin dall’infanzia, soprattutto quando restava seduto per ore sugli scogli. Quello sarebbe stato un posto romantico per limonare con qualcuno, se solo non avesse sempre fatto così tanto freddo. Invece, gli scogli si erano erti a guardiani della costa, levigati dal tempo, dalle tempeste, dai “merry dancers”. Leo passò la mano su uno dei massi, sentendo sotto le dita la superficie ruvida e intrisa di muschio. Ogni angolo di quello sputo di terra aveva qualcosa da raccontare: le barche ondeggianti dei pescatori, il pub che buttava fuori un profumo di pesce grigliato, torba e birra, la distilleria di whisky. Chiuse gli occhi per un istante, lasciando che il mormorio del mare riempisse il silenzio. Era il suono della sua infanzia, delle notti passate a scrutare il faro da lontano, del tempo trascorso a immaginare come doveva essere stato vivere sull’isola ora inabitata di Storma, ad ascoltare il garrito dei gabbiani che strillavano verso la terra. Perfino il cigolio di quello stupido cartello gli sembrava dolce. 

“Leo, sei pronto? Leo?” La voce di Logan, invece, non apparteneva a quel posto. Era la nota stonata, un rumore che non riusciva a zittire.

“Leo? Ho caricato tutto in macchina, sappi che ti addebiterò i miei servigi da traslocatore.” 

“Non rompere, Logan.”

E invece Logan voleva rompere eccome. Oltrepassò l’asfalto e lo raggiunse sugli scogli. Il suo passo emetteva un suono strano, un cic-ciack, forse per le piccole pozzanghere che l’acqua scavava tra uno scoglio e l’altro.

“Tanto puoi tornare qui quando vuoi.”

Ma che ne voleva sapere Logan, che non si era mai mosso da casa sua? Che aveva vissuto in una città che aveva sempre tutto a portata di mano, mentre lui aveva solo una lista di ultime cose: l’ultimo pub del Regno Unito, l’ultima distilleria, l’ultimo ufficio postale, l’ultimo negozio di souvenir, l’ultimo negozio di chincagliera natalizia, l’ultimo molo. John O’Groats, l’ultimo paese sulla mainland, otto case colorate, un pub, una distilleria, una cinquantina di pecore, due negozi e un unico giovane, l’ultima speranza, che però stava per trasferirsi altrove.

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