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  • Immagine del redattore: appleshampoo
    appleshampoo
  • 31 mag
  • Tempo di lettura: 2 min

Il sopracciglio destro alzato in segno di disappunto. 

L’incarto dell’assorbente poggiato sul lavandino e che ho dimenticato di gettare via.

La tazzina che profuma di un caffè che ho bevuto due ore fa, ma che non ho ancora lavato.

La sottile vena di sarcasmo che si cela dietro un “grazie al cazzo” ben servito.

Il sorriso tattico nei momenti di imbarazzo per alleviare la tensione.

L’orecchietta che si è creata sulla pagina del libro che proprio non volevo rovinare.

Il cellulare che si scarica quando mi trovo in pieno deserto nel Nex Mexico.

La scusa per comprare un quaderno nuovo. Il profumo delle cartolerie. La prima pagina bianca.

I messaggi su Whatsapp a orari improbabili, e le conversazioni assurde che si protraggono fino alle quattro del mattino.

Il disordine in ordine cromatico. 

Frasi appuntate qua e là, dove c’è spazio, non importa se quello era il quaderno delle ricette o l’agenda del lavoro.

La “Sonata al chiaro di luna” di Beethoven, ancora conservo nel cuore le sere in cui mio nonno la suonava per me. Mr Brightside. I blink182.

Le compresse di Xamamina per non vomitare in aereo. La circumvesuviana.

Uno spinello mezzo fumato abbandonato sul davanzale.

Gli improperi sempre in napoletano, perché altrimenti non hanno valenza, e la capacità di insultare qualcuno senza nemmeno usare una parolaccia.

Le figure di merda, quelle non mancano mai, come le situazioni ridicole in cui mi ritrovo. 

Il sehnsucht. Il ragno sul muro. Haste ye back.

Il Google Drive pieno di storie che non finirò mai.

Fegato, audacia e cavalleria, il mio spirito Grifondoro.

Le serate nerd tra giochi da tavolo e giochi di ruolo. Sailor Moon.

Un’avversione smisurata per il Comic Sans. L’abbonamento a Illustrator solo per sentirmi ancora una graphic designer.

Il gelato al pistacchio. Il cornetto di notte. L’odore dei taralli. I friarielli, mannaggia alla miseria.

I film animati della Disney che ormai conosco a memoria, e la cover di “I’ll make a man out of you” versione metal. Lo spirito punk, la pigrizia.

Parlare, parlare, parlare, fino a quando le parole non servono più.

Le penne colorate. Gli adesivi a forma di criceto. 

Il vedere attraverso le lenti di una fotocamera. Le polaroid.

Un biglietto che conservo nel portafogli. Napoli.

La vista sfocata durante un attacco di panico. L’ansia.

Gli orecchini a cerchio che fanno un po’ vrenzola ma che mi piacciono da morire.

Un viaggio sempre prenotato.

L’attesa. La nostalgia. Il gesto di asciugarsi le lacrime con l’indice destro.

Gli abbracci. 

I dolci che preparo per rilassarmi. La ricotta con lo zucchero.

Il non aver mai capito come si usa “solo più”. 

Il boarding pass della prima volta che sono andata a Kirkwall e che ora è diventato il mio segnalibro preferito. La Scozia, Inverness. 

La passeggiata lungo la Southbank londinese. Streatham common. 


È difficile raccontarmi attraverso le parole, e quindi ho scritto una lista delle cose che parlano di me. Chi sono, che cosa sono? Non lo so. Ma tutte queste cose, in fondo, sono parte di me.

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